Le fiere più attese dell’anno in Valle d’Aosta, quelle di Sant’Orso, anche quest’anno devono fare i conti con il Covid. Hanno attraversato guerre, carestie e gli inverni carichi di neve di una volta, ma da due anni stanno avendo a che fare con un nemico invisibile che ha scatenato una pandemia, che difficilmente dimenticheremo.
È impossibile risalire alla data esatta della prima Fiera di Sant’Orso di Donnas. Così come quella di Aosta. Sono due eventi che si perdono nelle pieghe del tempo e che tramandano da secoli, l’arte di saper fare con le mani, il valore delle cose concrete, l’importanza di oggetti che per tantissimo tempo, hanno fatto la vera differenza nella vita delle persone che lavoravano la terra e con gli animali.
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La fiera di Donnas, intitolata anche “Petite Foire” per distinguerla da quella del capoluogo, che ha un’estensione maggiore, si contendeva con quest’ultima, ai tempi che furono, anche il periodo dell’anno in cui doveva avere luogo.
Sant’Orso in effetti cade proprio il 31 gennaio, il giorno della vigilia della commemorazione dedicata al monaco cristiano e presbitero irlandese, vissuto in Valle d’Aosta nel Cinquecento. Alla fine si è ritenuto meglio rendere quella donnazziese un’anticipazione di quella aostana, posizionandola nella terza domenica del primo mese dell’anno.
Cose moderne, di poco conto. Quello che conta è che le millenarie, sono nate per la vendita degli attrezzi agricoli costruiti durante l’inverno e che con il tempo si sono trasformate in una vetrina di alto livello, per tutti quegli artigiani che hanno fatto delle proprie mani, gli strumenti perfetti per la creazione di opere d’arte. Perché di questo in fondo si tratta.
Alla “Foire de Saint Ours” anche l’oggetto apparentemente più umile, come un rastrello, è un’opera d’arte. Sculture, ceste, mestoli, sabot, i caratteristici zoccoli in legno della Valle d’Aosta, sono solo una parte delle cose che si possono ammirare tra i banchi di queste due storiche rassegne.
E sebbene il legno sia l’elemento che governa le fiere, è anche vero che negli ultimi tempi, si sono fatti spazio con orgoglio la pietra ollare, il ferro battuto, il cuoio e la tessitura dei drap (stoffa ancor oggi lavorata su telai di legno).
La “Fiera di Sant’Ours” di Donnas, così come quella di Aosta, è un appuntamento importante per tutti i valdostani e per i visitatori che arrivano da fuori Valle, molti dei quali giungono dal Canavese. Non solo per i prodotti che vengono esposti, unici nel loro genere, originali, caratteristici e di alta qualità, ma anche perché è un rito che ricalca il forte attaccamento dei valdostani alle proprie tradizioni. E’ il legame con un passato che rievoca un’identità.
L’anno scorso è arrivato il primo stop. Con il Covid che galoppava dopo appena un mese dall’inizio della campagna vaccinale, si è pensato di catapultare le millenarie nella rete virtuale, con l’allestimento di una vetrina online per dare per lo meno, visibilità agli artigiani.
Una versione che però non ha retto al confronto con la bellezza del reale, per fortuna ancora troppo prezioso da confinare tra gli algoritmi di Google. Quest’anno ci credevano tutti: era tutto pronto per la fiera di Donnas, così come per quella di Aosta.
Si trattava dell’edizione numero 1.022 per entrambe. Poi è arrivato il decreto di Draghi e tutto ciò che ne consegue, quindi Fiere annullate. “Al momento non sappiamo niente, vediamo come si evolve la situazione – ha riferito il Presidente del Comitato della “Fiera di Saint Ours” di Donnas, Graziano Comola – Siamo rimasti bloccati sull’obbligo del super green pass per le manifestazioni all’aperto, perché al momento non siamo preparati sulla gestione dei controlli. Alcuni artigiani, tra l’altro non lo possedevano e poi la cosa è esplosa con aumento dei contagi”.
Comola esprime il suo dispiacere, ma è stata una scelta obbligata. “Ci spiace tanto perché noi ci teniamo alla nostra fiera, ma non possiamo fare diversamente. Con sommo dispiacere preferiamo tutelare la salute. Non sappiamo cosa faremo”.
“Noi abbiamo ipotizzato di spostarla a febbraio, ma è tutto da vedere. Se si dovesse decidere all’ultimo momento di metterla in piedi, noi siamo pronti, ma al momento non c’è niente di definitivo”. Non ci resta che attendere e sperare che tutto ritorni alla normalità, che ritornino le Fiere di Sant’Orso, la “Veillà” e tutta la magia che portano.
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